Podstrony
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I suoi lineamenti erano tesi mentre andavamo verso l'ingresso: prima di entrare mi ha detto: «Se non fosse stato per te ne avrei fatto volentieri a meno. Ma è importante che tu lo conosca, può essere fondamentale per il tuo libro». Gli ho detto: «Be', grazie», ma certo mi dispiaceva che facesse un sacrificio del genere per me, e anch'io ne avrei fatto volentieri a meno. Il capocameriere ci ha accolti con la deferenza recitata che avevo già visto in città: ha detto: «Dottor Polidori», ha fatto un accenno di inchino, ci ha scortati verso il tavolo dov'era seduto Oscar Sasso. Oscar Sasso aveva un riporto di capelli color grigio-topo sulla zucca tonda, molto più elaborato di come sembrava nelle fotografie che mandava ai giornali. Ha lasciato un grissino già mezzo sbriciolato e si è alzato ad abbracciare Polidori, gli ha detto: «Mai disperare, con te, eh?». Polidori ha detto: «Scusami, ma ho dovuto passare a prendere Roberto che non conosce ancora Roma». Mi ha strizzato rapido l'occhio; ho sorriso per confermare. Ci ha presentati, ha detto: «Roberto Bata, Oscar Sasso». Oscar Sasso mi ha stretto la mano, mi fissava con due occhi puntuti dietro le lenti degli occhiali. Ha detto: «E scandalosamente giovane, questo Bata». Gli ho detto: «Non poi così tanto»; ma lui era girato verso Polidori, ha detto: «Si mettono a scrivere quando ancora non hanno letto niente». Aveva una voce da vecchio grillo parlante, di testa e di naso, e un piccolo sorriso compiaciuto. Polidori è intervenuto a confortarmi, ha detto: «Oscar è implacabile». Si è seduto e anch'io mi sono seduto; Sasso si è seduto, felice di essere considerato implacabile. Il ristorante aveva lo stesso tono di rispettabilità un po' soffocata delle strade fuori; non sembrava nemmeno di essere a Roma. Abbiamo studiato la lista, Sasso ha tormentato per cinque minuti il capocameriere prima di scegliere il vino e ordinare tagliolini in brodo e un misto di carni bollite. Polidori ha chiesto solo una fetta di pesce spada e un'insalata verde; io ho chiesto lo stesso, anche se avevo fame, mi sembrava una minima scelta di campo. Quando è arrivato il vino Sasso ha insistito per versarne anche nei nostri bicchieri; ha alzato il suo rivolto a Polidori, ha detto: «Per aspera ad astra». Polidori ha detto: «A Roberto, allora, è più giusto». Ha puntato il suo bicchiere verso di me; Sasso lo ha seguito freddo, senza quasi guardarmi. Poi si sono messi a discutere tra loro di libri che stavano leggendo o che avevano appena finito di leggere. In realtà era Sasso a condurre la conversazione, con la sua voce senza pause che lavorava a velare di ironia o di malizia o di venerazione letteraria un'enorme quantità di nomi e frasi e titoli rovesciati tra le sue parole come nobili detriti. Era un vero ratto da biblioteca, come li chiamava Polidori, rapido e vorace in modo quasi patologico: in apparenza non c'era autore che non avesse mangiucchiato fino alla rilegatura, e non venisse a rigurgitare in pubblico con piccoli lampi di soddisfazione nevrotica negli occhi. Non ha rallentato neanche quando sono arrivati i suoi tagliolini; riusciva a cacciarsi il cucchiaio in bocca nelle pause per respirare, senza perdere un secondo. Polidori lo assecondava, ma non ci voleva molto a vedere quanto poco era a suo agio; cominciavo a capire quello che aveva detto a proposito degli scrittori-artigiani e gli scrittoriletterati. Lo guardavo parlare con Oscar Sasso, e nonostante tutta la sua brillantezza e la sua cultura e la sua esperienza del mondo era chiaro che si muoveva su un terreno non suo. I giudizi che dava sui libri degli altri venivano dal suo gusto irrequieto più che da una visione sistematica, le sue conoscenze seguivano il filo della curiosità o dell'interesse istintivo che l'avevano portato a esplorare in modo irregolare golfi e anse di quello che era stato scritto. Sentivo la tensione non del tutto sicura nella sua voce mentre cercava di contrastare le affermazioni categoriche di Sasso su autori o significati o valori assoluti, e mi riempiva di simpatia e di senso di solidarietà; avrei voluto solo che la conversazione degenerasse in una lite per prendere le sue parti, dare addosso a Sasso e alla sua presunzione accademica. Ma Polidori stava al gioco, e Sasso sembrava felice di poterlo attirare in uno stato di inferiorità : doveva essere una vera rivalsa rispetto alla fama e ai lettori e ai libri venduti e ai soldi e alle donne e alle case e a tutto il resto che Polidori aveva anche grazie alle recensioni. Si rifaceva con un repertorio quasi illimitato di citazioni e accostamenti e salti all'indietro e giudizi di altri riferiti ad altri, con una capacità innaturale ma molto perfezionata di muoversi in un universo freddo di nomi e titoli e date. Mi sembrava che alcuni autori lo interessassero più per il loro nome che per quello che avevano scritto: e più erano duri ed estranei a un orecchio mediterraneo, più compiaciuta suonava la sua piccola voce nel pronunciarli. Giocava a dare per scontato che Polidori avesse con loro la stessa familiarità, e sapeva credo benissimo quando non era così; lo stuzzicava e lo snidava allo scoperto e gli giostrava intorno, con frammenti sempre più oscuri di pagine tra le sue zannette di ratto, reso frenetico dal gusto della rivalsa. Polidori cercava ogni tanto di spostare la conversazione verso argomenti più vicini: tratteggiava uno dei suoi ritratti spietati di personaggi, metteva le basi per uno dei suoi racconti sorprendenti. Ma Sasso era pronto a chiudergli queste vie d'uscita e attirarlo di nuovo per i corridoi polverosi della sua erudizione; tirava fuori a raffica nuove citazioni in latino e tedesco e greco antico, faceva allusioni o domande a cui Polidori non poteva rispondere senza esporsi in modo pericoloso. Io mangiavo pezzi di pane e li guardavo e li ascoltavo, affascinato da quanto erano diversi i loro capelli e i loro vestiti e le loro mani e i loro timbri di voce e i loro modi di pensare e di vivere, i loro modi di stare seduti. Eppure Sasso aveva scritto recensioni entusiastiche dei libri di Polidori, e lo sosteneva fino a sperare di fargli vincere prima o poi il Nobel per la letteratura. C'era un vincolo di dipendenza a due sensi tra loro, fatto di interessi professionali e ambizioni incrociate e probabilmente anche di curiosità . Lo stesso mi dispiaceva che Polidori dovesse sottoporsi a questa tortura; mi sentivo in colpa all'idea che lo facesse anche solo in parte per me. Poi un cameriere è arrivato con il pesce spada e l'insalata verde per me e Polidori,
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